Parità di genere: l’80% dello staff di Amolab è femminile
Su sette figure professionali, cinque sono donne. Il Ceo Salvatore Calcagnile: “Vogliamo dare il nostro contributo per superare il gender gap”
Staff femminile all’80% nel team Amolab: le donne che lavorano nell’azienda, spin-off del Cnr di Lecce, sono cinque su sette. Numero che potrebbe salire nei prossimi mesi, anche perché Amolab è impegnata nel richiamare le professionalità che hanno perfezionato il percorso di studio e formazione all’estero. Fanno parte del team Santina Corvino, Maria Giovanna Di Trani, Elisa Reho, Maria Salbini e Paola Vitellio, Rocco Morello e Salvatore Calcagnile.
“Vogliamo essere un esempio per le altre aziende, non solo nel settore dell’Healthcare, e dare il nostro contributo per superare il gender gap e al tempo stesso fermare l’emorragia di cervelli in fuga”, dice il Ceo Salvatore Calcagnile. “La parità di genere per noi è una strategia non solo auspicabile, ma sostenibile e perseguibile. Auspicabile perché solo nel momento in cui uomo e donne hanno gli stessi diritti, la società può dirsi realmente inclusiva. Sostenibile perché nella realtà le aziende sono nelle condizioni di superare il gender gap scegliendo professionalità sia maschili che femminili. E perseguibile perché la differenza di genere aiuta le aziende in termini di potenzialità e vantaggi rispetto ai competitor diretti”, sottolinea il Ceo.
In Amolab, quindi, il gender gap non è mai stato avvertito. Ma in altre realtà, la parità uomo-donna in tutte le sue forme e le attività, resta ancora un principio, rafforzato spesso da dichiarazioni di volontà, più che una realtà a tutti gli effetti. Le cronache, infatti, continuano a raccontare ancora di episodi di discriminazione legata al sesso in diversi contesti lavorativi, risultato di una cultura legata a retaggi del passato rispetto ai quali c’è da registrare il costante impegno dell’Italia, dell’Unione Europea e dell’Onu che, soprattutto di recente, hanno adottato una serie di iniziative per affermare la parità di genere e, più in generale, l’inclusività.
Fino ad oggi, stando a quanto evidenziato dalla Commissione europea nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, nessuno degli Stati dell’Unione europea è riuscito a realizzare la parità tra uomo e donna. Basti pensare alle differenze esistenti in termini di stipendio e verificare quante sono le donne che ricoprono ruoli di vertice o comunque di responsabilità, sia in ambito pubblico che privato.
Su scala mondiale, l’uguaglianza uomo-donna costituisce uno dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, anche grazie ai finanziamenti previsti nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Il Governo, infatti, ha adottato una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, un documento programmatico che, in coerenza con quanto adottato dalla Commissione europea, raccoglie e definisce un sistema di azioni e iniziative concrete, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2026 l’incremento di cinque punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere (Gender Equality Index) elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE). Stando all’ultima rilevazione, l’Italia si è piazzata al 14esimo gradino nella classifica dei Paesi dell’Unione europea.
Sotto questo aspetto, acquista rilevanza la legge di bilancio 2022 con cui è stato adottato il Piano strategico nazionale per la parità di genere e sono stati disposti l’istituzione di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio nazionale per l’integrazione delle politiche per la parità di genere presso il Dipartimento per le pari opportunità. Tre gli obiettivi principali: individuare best practice per combattere gli stereotipi di genere, colmare il divario di genere nel mercato del lavoro e raggiungere l’equilibrio di genere nel processo decisionale.