Telemedicina: oltre alle tecnologie occorre adeguata formazione
Vi proponiamo l’intervista a Claudio Lopriore, fondatore e amministratore di Cardio On Line Europe S.r.l., azienda con cui Amolab ha attivato una sperimentazione a Foggia per il monitoraggio dei pazienti post-Covid con l’impiego di SensUS Lung
La Telemedicina è una grande opportunità ma non si tratta certamente di un’attività semplice, alla portata di chiunque. Occorre infatti disporre di personale medico e infermieristico con competenze specialistiche, i pazienti devono essere formati all’utilizzo corretto dei device, va implementata un’organizzazione su scala nazionale che consenta di fornire refertazione attendibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, servono adeguate infrastrutture come una buona connettività internet su tutto il territorio interessato dal servizio.
Da questo semplice elenco, si comprende facilmente che gli investimenti sulle piattaforme di telemedicina sono importanti ma certamente non sono sufficienti.
È un invito alla riflessione quello lanciato dal dottor Claudio Lopriore, fondatore di Cardio On Line Europe Srl, società con sede a Bari, diventata una dei punti di riferimento nel settore della telemedicina italiana in ambito cardiovascolare. Specialmente guardando al futuro immediato tratteggiato dalla Missione 6 del PNRR.
Le criticità del sistema di telemedicina
“Spesso sento parole di entusiasmo che, a mio avviso, sono eccessive rispetto all’attuale situazione che caratterizza la telemedicina in Italia perché si omette di fare riferimento a criticità che, al contrario, vanno affrontate se si vuole davvero puntare sui servizi offerti dalle nuove tecnologie applicate alla medicina per dare risposte immediate e personalizzate ai pazienti”, dice Claudio Lopriore.
“Prima di tutto, va considerato il fatto che i device dovrebbero essere affidati a pazienti cronici, vale a dire a persone che generalmente hanno un’età media di 70-75 anni e che nella maggior parte dei casi non hanno familiarità con questi apparecchi. Bisogna chiedersi, allora, se coinvolgere e che in modo coinvolgere i caregiver che solitamente sono i familiari conviventi. Non si può pensare di fare formazione, inviando al domicilio dei pazienti un dépliant con le istruzioni d’uso o realizzando dei video sotto forma di tutorial”, spiega.
“Non solo. Si dà per scontato che tutto il territorio sia coperto da una linea internet in grado di supportare i servizi di telemedicina. Ma così non è. Basti considerare i casi di zone di montagna o le isole. E ancora: parliamo di device per misurare e monitorare i parametri vitali dei pazienti, ma non ci si pone il problema legato a chi vadano trasmessi. Al solo medico di medicina generale? E poi: chi consegna le apparecchiature, chi assicura l’assistenza tecnica, chi organizza e gestisce l’help desk? E come si gestisce la problematica legata alla privacy tenuto conto delle previsioni legislative contenute del GDPR? Sono domande a cui va data una risposta, altrimenti c’è il concreto rischio che i finanziamenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza non centrino l’obiettivo per il quale sono stati previsti”, sottolinea Lopriore.
“È un po’ il cane che si morde la coda: parlare di telemedicina e dire faremo telemedicina, sono due cose diverse. Anche solo facendo riferimento alle piattaforme bisogna considerare che devono essere certificate, mentre oggi ce ne sono diverse che sballano del 25% le prestazioni e non sono in grado, quindi, di offrire servizi di qualità”, va avanti. “Le stesse linee guida in telemedicina sono frammentarie: manca una disegno complessivo che indichi chi deve fare cosa e non si può pensare di fare ricadere tutto il peso sul medico di medicina generale perché, come è ormai noto, è oberato da attività di tipo burocratico”, sottolinea.
Il possibile scenario futuro
“Credo che chi potrà essere coinvolto nella rete della telemedicina siano i farmacisti e le cooperative che si occupano di assistenza domiciliare. Per le farmacie è già in atto un percorso di aggiornamento che le sta rendendo strutture per i servizi di prossimità, e ritengo che possano offrire un importante contributo anche tenuto conto del passaggio dalla figura del ‘vecchio farmacista’, che veniva visto solo come dispensatore di medicinali, al nuovo farmacista che organizza i servizi in modo imprenditoriale. Quanto alle cooperative che lavorano nell’assistenza domiciliare, è necessario puntare su personale specializzato e adeguatamente formato”, ci spiega Lopriore.
SensUS Lung: un progetto sperimentale
La società ha avviato un progetto di telemedicina che coinvolge un campione di pazienti che hanno contratto il Covid-19 per monitorare il follow up ed evidenziare lo stato di salute dei polmoni ed eventuali conseguenze cardiologiche, con il coinvolgimento di un gruppo di medici di base. “Stiamo impiegando il device SenUS Lung e lo stiamo facendo a Foggia con 15 medici di medicina generale aderenti alla SIMG (società scientifica dei medici di medicina generale) avendo come punto di riferimento 100 pazienti, selezionati fra quelli che sono risultati positivi al virus Sars-COV-2”, spiega.
“Il lavoro scientifico con SensuS Lung rientra in un progetto di diagnostica che vogliamo estendere a 360 gradi, in modo da offrire un orientamento per il long Covid”, conclude.
(intervista di Mario Maffei)